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I ragazzi “hikikomori”: sempre chiusi in cameretta, immersi nel web e niente scuola. 

by Eleonora
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ragazzi che si isolano

ragazzi che si isolano

Purtroppo esistono ragazzi che rimangono chiusi nella loro cameretta, restano svegli di notte e dormono di giorno, non vanno a scuola e non vedono più gli amici.
E ciò non accade solo per qualche giorno, ma avviene per lunghissimi periodi di tempo.
Bisogna sapere che in Giappone, questo  fenomeno è esploso in massa negli anni ‘80 e i ragazzi con questo problema li chiamano “hikikomori” e sono tutti i giovani e giovanissimi

che si autoescludono dalla società.
Questo problema non è rimasto solo nell’estremo oriente ma bensì è arrivato anche in Italia; infatti nel 2021, a Venezia, sono stati riscontrati i primi tre casi.
Si tratta di tre ragazzi  tra i 15 e i 16 anni che, dopo l’isolamento forzato causato dal covid, dopo la didattica a distanza e il lockdown, non sono più usciti di casa.
Ambra Cappellari, la responsabile del polo adolescenti di Mestre e Venezia che li ha in cura, riferisce che un caso è particolarmente grave, poiché non esce più dalla sua camera, mentre

due più lievi e vivono un isolamento parziale, visto che almeno una volta ogni quindici giorni vanno a scuola.

Il fenomeno.
Hikikomori in giapponese significa “staccarsi”, “ritirarsi”.
Effettivamente questa è la forma più estrema di ritiro sociale, in isolamento nella propria casa.

Moreno De Rossi, che è un direttore del dipartimento di salute mentale, afferma che non esiste ancora una definizione ufficiale, perché non è stata ancora inclusa nei manuali.
Però questo fenomeno va espandendosi, così sono stati delineati alcuni criteri di massima per riconoscerlo:
        ⁃       il marcato isolamento in casa e il rifiuto delle relazioni sociali;
        ⁃       deve durare almeno sei mesi e deve portare a una significativa compromissione sul piano funzionale ( cioè la persona non va a scuola o al lavoro ).

Inoltre esisterono livelli di gravità diversi  della malattia, la fascia d’età maggiormente colpita va dai 15 ai 30 anni e riguarda in particolare i maschi ( con un rapporto di circa 9 a 1 rispetto alle donne).

Mentre in Giappone ne soffre l’uno per cento della popolazione (quindi circa un milione di persone), in Italia sono stati diagnosticati finora circa 20mila casi. ragazzi che si isolano

De Rossi aggiunge che molti la definiscono una depressione moderna, che si sovrappone alla fobia sociale, con caratteristiche precise come la tendenza a connettersi sempre in rete.
Trascurano le relazioni reali, ma prediligono e rafforzano quelle virtuali, con chat e videogiochi online.
Questa condizione, probabilmente, nasce come reazione alla grande pressione che sentono i giovani: autorealizzazione, un’immagine vicente da dover dare a tutti i costi.
Infatti questo fenomeno è nato in un Paese in cui il livello prestazionale richiesto è molto alto.
In più, potrebbe essere possibile che i ragazzi interessati da questo fenomeno, lo scelgano, a volte anche inconsciamente, per opporsi alla pressione.

I tre casi dei quali si parlava prima, sono stati scoperti nel 2021, in concomitanza con la ripresa delle scuole in presenza.
Ma in realtà sono aumentati tutti i casi di ritiro scolastico cioè ragazzi che non vanno più a scuola e gli hikikomori sono le situazioni più estreme di questo ritiro sociale.
Si dice che all’Ulss 3 di Venezia, ne vengono segnalati dieci al mese.
Il direttore aggiunge che le chiusure hanno influito tanto e i soggetti coinvolti sono quelli fragili che, durante la Dad, hanno provato un senso
di sollievo dall’ansia.


Di conseguenza per questi, con grande probabilità, è stato impossibile, quindi, tornare alla vita precedente al covid.

Cappellari afferma che i casi riscontrati a Venezia ( i primi tre ) stanno migliorando se pur molto lentamente e anche quello più grave ha iniziato a tornare in classe.
Questi casi sono stati segnalati direttamente dai genitori, però in ritardo, cioè quando ormai le forme erano già acute.
Attualmente non esiste una vera e propria terapia, quindi non c’è una cura, per tanto si è costretti a procedere per tentativi. ragazzi che si isolano

La dottoressa dice che si deve cercare di entrare nel sistema del ragazzo, non si può chiedergli semplicemente di uscire.
C’è la necessità di capire quale sia il vuoto che cerca di colmare e trovare qualcosa con cui lui stesso possa riempirlo.
In pratica se il ragazzo è dipendente da internet, non si può pensare di togliergli la connessione e di risolvere così il problema. Per gli specialisti è fondamentale che la famiglia

collabori; non bisogna vergognarsi di avere avere una nuova dinamica in casa.
Infatti i miglioramenti arrivano quando  i genitori si rivolgono e seguono gli esperti; ma è anche importante che la scuola accetti di cambiare prospettiva.
Secondo Cappellari, gli istituti hanno il compito di prevedere un percorso didattico su misura per questi adolescenti;
basta pensare ai primi tre adolescenti coinvolti che sono ragazzi molto intelligenti, per tanto non possono e non devono rimanere indietro a causa di una loro fragilità.

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